Sito Ufficiale dello Scrittore




BIOGRAFIA
Dante Botti, nato a Udine, classe 1934, un caso anomalo, indipendemente dall'affermarsi o meno della sua produzione. Viene dal mondo del lavoro manuale. Un mondo piatto, di pietra. La fatica manuale uccide ogni idea creativa.
"Un pessimo studente. 1941: primo anno di scuola e primo anno di guerra. In aula si inizia le giornate con il saluto al Duce e la preghiera a Dio. Negli anni si rivela sempre di più uno studente difficile..."
Più di un insegnante scriverà: "Botti è presente in aula ma costantemente assente allo stesso tempo." Ciò nonostante primeggia in italiano scritto.
Vacanze estive con la nonna nella bassa friulana. Nella magica zona delle risorgive, Rivarotta di Teor, legge Salgari, fumetti
e giornalini.
Nell'adolescenza batte le campagne in bicicletta.
Rifugge la compagnia dei suoi coetanei. Un breve e corrisposto amore con una ragazzina di poco più giovane viene interrotto dall'intervento delle suore.
Poco meno che ventenne, partecipa a gare ciclistiche, quindi entra nel mondo del lavoro: undici ore al giorno, compreso
il sabato. Sono gli anni Cinquanta. Gli operai leggono solo un giornale: "La gazzetta dello sport". Solo pochi si interessano di cultura.
Muore il padre, Federico Botti, un combattente rivoluzionario. Nel 1925 aveva gestito una bottega di libri usati in via Aquileia
a Udine.
1958. Inizia a scrivere i suoi primi racconti. In proposito, Tito Maniacco scriverà: "Il miglior racconto è quello della fidanzata grassa con il suo finale "canagliesco". Si nota il piacere di raccontare, il piacere del particolare. Può essere un pregio o un difetto. Il mondo di Botti è quello dei sottoproletari, dei bulli di periferia."
Emigra in Egitto, Francia, Svizzera, in Congo. E' nel Congo che scopre gli "spazi liberi". E' il 1961. Scriverà i suoi primi lunghi racconti, una poesia in francese per una ragazza.
Frequenterà per due anni il villaggio africano.
Rientra in patria dopo un anno a Parigi. Il materiale scritto è moltissimo ma deve essere rivisto e corretto. Nei mesi invernali, è disoccupato. Si dedica alla lettura di autori nordamericani, russi (Checov) e italiani (tra cui Verga e Moravia).
Si dedica, quindi, alla correzione e alla ristesura dei suoi vecchi racconti. Inizia a partecipare tardi, verso i quarant'anni, ai primi concorsi regionali. A sorpresa, risulta vincitore di parecchi
di essi, in altri concorsi riceve segnalazioni di merito.
Verso la metà degli anni '80 scrive una quarantina di poesie.
Sono gli anni della pubblicazione del suo primo libro: "La frusta degli anni giovani".
Le poesie, strane, rappresentano una sosta, un divertimento tra un racconto e l'altro. A proposito di alcune di esse Botti scrive: "Mi sono svegliato nel mezzo di un sogno. Veloce, ho buttato giù una poesia discorsiva che la mente ha elaborato nell'oscuro regno dell'inconscio. Una poesia "lineare", trovata già bella e pronta al risveglio."
Botti trova così conferma alla sua idea che non è vero che bisogna "scrivere come si parla o pitturare come l'occhio vede
e neanche che si è obbligati a seguire regole generali.
"Almeno in poesia l'avventura è lecita, perso per perso."
Poco da dire biograficamente sugli anni successivi che scorrono in fretta ma che vedono anche la pubblicazione di alcuni altri testi tra cui "I racconti di Lignano Sabbiadoro" (1994) e "Olivo lo sbalestrato" (2007).
Arriviamo quindi al presente: 2016. A novembre è pubblicato
il racconto: "Babette: acerbo fiore del villaggio Talangay" scritto negli anni sessanta durante il suo periodo di permanenza nel Congo, mentre era chef de chantier a Brazzaville.
Attualmente Dante Botti vive a Udine.
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RECENSIONI
Su "I racconti di Lignano Sabbiadoro"
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"Vi sono degli scrittori che appaiono agli occhi di tutti, degli scrittori il cui movimento scorre fra i pori della società. Non è una questione di meriti, ma di posizione sociale. Probabilmente, all'occhio vitreo della moda, essi sembrano, come si suol dire, "fuori". Fuori dagli stili, fuori dalle poetiche, fuori dai rumori, fuori dalla novità che, come ben si sa, non vuol certamente dire il nuovo, ma semplicemente l'aggiornato.
Dante Botti appartiene a questa categoria di scrittori che per vivere non scrivono, ma che vivono per scrivere non dimenticandosi, riportando a casa il salario, di riportare sulla pelle le sensazioni, le esperienze di questa vita vissuta fra la gente.
E' a questo punto, quando la televisione è spenta, che la penna comincia a portare a galla l'ascolto del rumore dell'esistenza, quel vago ed insistente brusio di quell'esercito che si muove, si diverte, ama, lavora, pratica lo sport, discute, commenta passivamente la grande attività del mondo che non è mai moderno, che è sempre lo stesso, iterativo eppur irripetibile.
L'ascolto di questo rumore è uno stile. Uno stile è non avere apparentemente stile, fluire come fluiscono ininterrottamente le cose. E' costruire delle sequenze, raccontando delle storie di gente ordinaria, comune, ma senza quell'attenzione entomologica che caratterizza tanto i grandi scrittori, come si suol dire "realisti". Il problema, di non facile soluzione, è che Botti non è mai dietro il vetro ingranditore e, nello stesso tempo, non è davanti. Egli, casomai, è dentro-fuori fuori-dentro. Ruba l'immagine come un ladro e ne consegna l'istantanea allo scrittore che, come una refurtiva che scotta, se ne libera rapidamente trasformandola all'interno del suo spazio virtuale, ritornando, di nuovo ladro d'immagini e loro continuo trasformatore-convertitore.
Si dice che uno scrittore non deve mai essere coinvolto nel suo delitto e Botti segue correttamente queste regole.
Quel che il lettore intuisce è che egli è il tranquillo trascrittore notturno di uno stravolgimento di un evento e, nello stesso tempo, il giornaliero trasgressore delle regole.
Vede, cioè, come un mostro, come il dottor Jeckyll, ciò che non spetta a nessuno vedere, se non, appunto, ad uno scrittore il cui compito non è scrivere per poter vivere ma vivere per poter scrivere."
Tito Maniacco - 1994
"Dopo la potente espressività della sua precedente opera, "La frusta degli anni giovanili", Dante Botti scrittore poliedrico e incisivo, torna
ad attirare l'attenzione del pubblico con un testo dal sapore decisamente "estivo". "I racconti di Lignano Sabbiadoro" presentano, quale filo conduttore, l'affascinante eppur effimero "piccolo mondo" balneare, colto in tutti gli aspetti tipicamente popolari, finemente descritti con un'attenzione ed una pazienza riflessiva e scherzosa insieme.
Si tratta di storie di mare sulla suggestiva spiaggia dell'Adriatico, laddove il luogo geografico in questione diventa lo specchio fedele delle turbinose e irresistibili inquietudini psico-fisiche che stravolgono le tranquille esistenze dei personaggi, immersi in quest'atmosfera placida
e sonnolenta ma, nonostante ciò, perennemente in bilico tra tensione emotiva e logico soddisfacimento degli istinti sempre forti, impellenti, dominanti. Una pregnante citazione da "Il vecchio e il mare" di Hemingway intoduce degnamente il primo racconto, il cui titolo sibillino: "Il morbido occhio della lucertola", reca già in sè un'impronta sensuale e fieramente animalesca, parabola enfatica della contrapposizione, presente in tutte le storie narrate, fra Bello e Brutto, giovinezza e vecchiaia, innocenza giuliva e matura voluttà.
Si può leggere l'intera opera come un caleidoscopio, le cui ricche immagini variopinte parlano tutte, in realtà, il medesimo linguaggio, fatto di semplice quotidianità e disinibito ardire, pronto ad esplodere all'improvviso in qualunque situazione, anche la più "normale". La vera e propria protagonista incontrastata del libro è Lei, la dea Sensualità: dipinta a forti tinte, spregiudicata e realista quale Afrodite terrena, sfacciatamente e allegramente impudica, ella serpeggia copiosamente in ogni pagina, impregnando di sè i personaggi, circostanze, paesaggi...
Eppure, al di là delle sfacciate provocazioni e della soddisfazione più immediata, assolutamente priva di cosiddette"complicazioni" mentali,
"I racconti di Lignano Sabbiadoro" di Dante Botti si distinguono anche e soprattutto per l'amaro velo di malinconia che ci rammenta il tempo fuggente, veloce e inesorabile; il piacere è fugace e momentaneo, la gioventù è un fresco ed effimero sogno, purtroppo destinato a svanire presto. Pensoso e disincantato, adulto e fanciullo a un tempo, il Nostro ci rende partecipi del travaglio del Vivere quotidiano, soli o meno soli, in estate o in inverno prima che arrivi "il nulla eterno, l'ultimo rifugio""
Paola Liberotti - 1995
"Non conosco personalmente Dante Botti, ma mi è stato recato il suo libro: "I racconti di Lignano Sabbiadoro" per una disanima
sullo scrittore. Il volumetto viene introdotto da una prefazione di Tito Maniacco che rileva come lo scrittore non sia catalogabile secondo le regole e si comporti da realista, quasi da estraneo a ciò che narra pur essendone nello stesso tempo dentro e fuori...
Per parte mia, Botti ha delle regole che si traducono, appunto, in una cronaca umana e ambientale, con uno stile vivace e incalzante, specialmente nei dialoghi. La tematica, in questo caso di popolare sessualità e di vago erostismo, insiste più nella tendenza biologica dei personaggi che nella realizzazione del medesimo, conta fino ad un certo punto. Ci sono anche degli spunti piuttosto volgari che non godono la mia simpatia, ma ci sono anche approcci morbidi e addirittura non mancano meravigliate innocenze. Dante Botti sa maneggiare la penna e sa oggettivare l'attuale, l'effimero, il biologico del comportamento umano. Questi racconti, sebbene lo sembrino, non sono affatto avulsi da un contesto culturale e sociale. Mettono invece in evidenza voleri e sottovoleri di una stratificazione cittadina e di una piccola borghesia vacanziera...
E' un paesaggista e vedutista di razza. Descrive isole, spiagge, marine, tramonti come li dipingerebbe un pittore, ma te ne fa sentire gli odori
e i sapori. Coglie l'ingenuità fanciullesca e l'esibizionismo degli adulti, l'ambiguità femminile, persino il risvolto improvviso della morte in un mondo che vorrebbe essere solo divertimento ed erotico approdo. E' vero che in qualche momento sembra che pudore non ci sia, ma invece esiste anche nello sboccato. Non sempre la nudità è impudica. Gli antichi dicevano che "Naturalia non sunt turpia". Potrei aggiungere che c'è modo e modo nel dire le cose. E' possibile che Dante Botti affronti argomenti più seri e impegnativi, visto che ne avrebbe, fino a prova contraria, la stoffa. Me lo auguro."
Don Domenico Zannier - 1996
PREMI e RICONOSCIMENTI
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1977-1978 - Vincita per due volte consecutive del primo premio Friuli Venezia Giulia per
il racconto
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1983 - Medaglia d'argento al XXIV Premio letterario "Leone di Muggia"
per il racconto inedito "Kuka del medio Congo"
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1986 - Primo premio Friuli Venezia Giulia per la poesia
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1987 - Finalista nella sezione narrativa nel concorso Nazionale di poesia e narrrativa "Mondo letterario" con i racconti "Quello sconvolgente pomeriggio al mare" e "La giovane negra dei tropici"
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1989 - Segnalazione da parte della giuria nel corso del premio nazionale di poesia e narrativa "Santa Chiara" col racconto "Veloce quel traguardo nero"
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1996 - Terzo classificato per il racconto erotico inedito "Stazione Luxemburg"
a Teramo
1996 - Il racconto "L'abbaglio radioso" è selezionato nel concorso internazionale per
un racconto erotico nella città di Teramo
